Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del  Consiglio
dei ministri (c.f. n. 80188230587), in  persona  del  Presidente  pro
tempore, rappresentata e  difesa  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello       Stato       (c.f.       n.       80224030587;        pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06/96514000) ed elettivamente
domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi  n.  12,
ricorrente; 
    Contro Regione Puglia in  persona  del  Presidente  pro  tempore,
dott. Michele Emiliano, con sede in  Bari,  lungomare  N.  Sauro  33,
c.a.p. 70100, resistente; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2
della legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59,  pubblicata
nel B.U.R.  n.  159  del  17  dicembre  2018,  recante  «Modifiche  e
integrazioni alla legge regionale  30  luglio  2009,  n.  14  (Misure
straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e  per  il
miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio residenziale)». 
    La legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59, che  detta
modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009,  n.  14
(Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia  e
per  il  miglioramento  della  qualita'   del   patrimonio   edilizio
residenziale), e' censurabile con riferimento disposizione  nell'art.
2 in quanto viola il principio di ragionevolezza di cui agli articoli
3, 97, e 117, comma 3 della Costituzione, alla luce dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 2 della legge regionale rubricato «Norma interpretativa
del comma 1 dell'art. 4 della l.r. n. 14/2009», testualmente prevede:
«1. Il comma  1  dell'art.  4  della  l.r.  n.  14/2009  deve  essere
interpretato nel senso che l'intervento edilizio di ricostruzione  da
effettuare a seguito della  demolizione  di  uno  o  piu'  edifici  a
destinazione residenziale o non residenziale, puo' essere  realizzato
anche con una  diversa  sistemazione  plano-volumetrica,  ovvero  con
diverse  dislocazioni  del  volume  massimo  consentito   all'interno
dell'area di pertinenza, alle condizioni di cui all'art. 5, comma  3,
della medesima l.r. n. 14/2009 e qualora insista in zona dotata delle
urbanizzazioni   primarie   previste   dalle   vigenti   disposizioni
normative, statali e regionali.» 
    Detta disposizione, lungi dal dare una mera interpretazione della
citata  norma  regionale,  presenta  aspetti  del  tutto   innovativi
rispetto a  quella  che  intende  interpretare,  prevedendo  che  gli
interventi edilizi consentiti  dalla  medesima  disposizione  possano
essere   realizzati   «anche    con    una    diversa    sistemazione
plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo
consentito all'interno dell'area di pertinenza». 
    Occorre ricordare,  in  proposito,  che  la  legge  regionale  n.
14/2009 ha dettato norme di carattere straordinario con le quali sono
stati consentiti interventi edilizi anche in  deroga  agli  strumenti
urbanistici vigenti. 
    Nello specifico, l'art. 4,  comma  1  della  legge  regionale  n.
14/2009, nel testo vigente anteriormente  alle  modifiche  da  ultimo
introdotte con la legge della Regione Puglia  n.  59/2018,  risultava
cosi' formulato: «1. Al fine di migliorare la qualita' del patrimonio
edilizio  esistente,  sono  ammessi  interventi  di   demolizione   e
ricostruzione di edifici residenziali e non residenziali o misti  con
realizzazione di un aumento di volumetria sino al  35  per  cento  di
quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore  della
presente legge da destinare, per la complessiva volumetria  risultate
a seguito dell'intervento, al medesimo uso preesistente  legittimo  o
legittimato, ovvero residenziale,  ovvero  ad  altri  usi  consentiti
dallo strumento urbanistico. A seguito degli interventi previsti  dai
presente  articolo,  gli  edifici  residenziali  non  possono  essere
destinati a uso residenziale qualora ricadano all'interno delle  zone
territoriali omogenee E) di cui all'art. 2 del decreto del  Ministero
dei lavori pubblici 1444/1968». 
    La disposizione interpretativa, dunque, appare avere una  portata
retroattiva che la rende incostituzionale sotto vari profili. 
    Invero, la disposizione oggetto di censura,  seppure  qualificata
dal legislatore regionale in  termini  di  norma  di  interpretazione
autentica, in  realta'  si  pone  in  contrasto  con  il  consolidato
orientamento di codesta Ecc.ma Corte in tema di scrutinio, attraverso
il parametro dell'art. 3 Cost., della  legittimita'  delle  norme  di
interpretazione  autentica  o,  comunque,  delle  norme   dotate   di
efficacia retroattiva. 
    Il legislatore regionale, infatti, non ha  assegnato  alla  norma
interpretata (l'art. 4, comma 1 della legge regionale n. 14/2009)  un
significato in quest'ultima gia' contenuto, e riconoscibile come  una
delle possibili letture del  testo  normativo  (originario),  ne'  ha
chiarito una oggettiva incertezza del quadro normativo in ragione  di
un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o consentito di ristabilire
una interpretazione aderente all'originaria volonta' del  legislatore
a tutela della certezza del diritto e dell'uguaglianza dei cittadini. 
    Al  contrario,  il  legislatore  regionale   ha   sostanzialmente
ampliato  (retroattivamente)   la   portata   del   dato   normativo,
legittimando deroghe volumetriche ad interventi  di  ristrutturazione
su edifici, oltre  i  limiti  consentiti  dell'originaria  disciplina
regionale del 2009 (e successive modificazioni). 
    E' opportuno evidenziare che se e' vero in linea generale che  il
legislatore ha  la  possibilita'  di  emanare  norme  retroattive  di
interpretazione autentica, la retroattivita'  deve  comunque  trovare
giustificazione nell'esigenza di tutela di principi, diritti  e  beni
di rilievo costituzionale. 
    Codesta  Ecc.ma   Corte   ha   infatti   chiarito   (cfr.   Corte
costituzionale,  sentenza  n.  271/2011)  che  «il  legislatore  puo'
adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in  presenza
di incertezze nell'applicazione di una disposizione  o  di  contrasti
giurisprudenziali, ma anche quando  la  scelta  imposta  dalla  legge
rientri tra le possibili varianti  di  senso  del  testo  originario,
cosi' rendendo vincolante un significato  ascrivibile  ad  una  norma
anteriore (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009,  n.
170 del 2008 e n. 234  del  2007)»;  al  contempo,  pero',  e'  stata
sottolineata la sussistenza di  una  serie  di  limiti  all'efficacia
retro attiva  delle  leggi,  quali  «il  rispetto  del  principio  di
ragionevolezza the ridonda nel divieto di  introdurre  ingiustificate
disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento  legittimamente
sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto;
la coerenza e la certezza  dell'ordinamento  giuridico;  il  rispetto
delle funzioni costituzionalmente riservate  al  potere  giudiziario»
(Corte cost. n. 397 del 1994). 
    La deroga al principio della irretroattivita' delle  norme  trova
quindi  il  suo  fondamento  nel  principio  di  ragionevolezza:  «La
erroneita'  della  auto-qualificazione  delle  norme  impugnate  come
interpretative  costituisce  ...   un   primo   indice   ...,   della
irragionevolezza  del  loro  retroagire  nel   tempo,   ulteriormente
corroborato   dalla   constatazione   che   le   stesse   introducono
innovazioni, destinate, per lo piu', ad ampliare facolta'  in  deroga
ai relativi strumenti urbanistici, peraltro  non  necessariamente  in
termini di logica continuita' con il quadro generale  di  riferimento
sul quale le stesse sono destinate ad incidere»  (cfr.  Corte  cost.,
sentenza n. 73/2017). 
    Come si  e'  detto,  e'  la  stessa  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale   ad   aver   individuato   alcuni   limiti   generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di
principi costituzionali sopra citati tra i quali sono  ricompresi  il
rispetto del principio generale di ragionevolezza  (che  si  riflette
nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di  trattamento),
la tutela dell'affidamento legittimamente sorto  nei  soggetti  quale
principio connaturato  allo  Stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la
certezza dell'ordinamento giuridico ed  il  rispetto  delle  funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario. 
    In tal senso, e' stato piu' volte chiarito che -  fermo  restando
che  sono  interpretative  «quelle  norme  obiettivamente  dirette  a
chiarire il senso di  norme  preesistenti  ovvero  a  escludere  o  a
enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente  ascrivibili  alla
norma interpretata» - la  norma  di  interpretazione  autentica  deve
necessariamente derivare da un rapporto tra norme - non riscontrabile
nel caso di specie - in cui la norma interpretante si  salda  con  la
norma interpretata, dando luogo ad un «precetto  normativo  unitario»
(cosi', Corte cost. nn. 132 del 2008 e, piu' risalenti, 311 e 94  del
1995, 397 del 1994, 424 del 1993, 455 del 1992). 
    In linea di principio, la potenzialita' retroattiva  delle  leggi
di  interpretazione  autentica  deve  necessariamente  preservare  il
rispetto di certezza del diritto  e  del  legittimo  affidamento  dei
cittadini, da considerarsi come principi di «civilta' giuridica». 
    Dunque,  atteso  che  la  previsione  regionale  ha  un  indubbio
carattere innovativo, con efficacia retroattiva, essa rende legittime
condotte  che,  non  considerate   tali   al   momento   della   loro
realizzazione (perche' non conformi  agli  strumenti  urbanistici  di
riferimento), lo divengono per effetto dell'intervento successivo del
legislatore,   con   l'ulteriore   conseguenza   di   consentire   la
regolarizzazione  ex  post  di  opere  che,  al  momento  della  loro
realizzazione, erano in contrasto con gli  strumenti  urbanistici  di
riferimento, dando corpo, in definitiva, ad una  surrettizia  ipotesi
di sanatoria straordinaria che esula  dalle  competenze  regionali  e
risulta pertanto illegittima. 
    Si tratta, in altre parole, di una disposizione (l'art.  4  della
legge  regionale  Puglia  n.   59/2018)   innovativa   ad   efficacia
retroattiva, volta a legittimare condotte che, non  considerate  tali
al momento della realizzazione (in quanto non conformi agli strumenti
urbanistici  di  riferimento),  lo  diventano  per  effetto   di   un
successivo intervento legislativo, la cui finalita' (la  proroga  del
c.d. Piano Casa Puglia anche per il 2019 con al fine  di  incentivare
l'attivita' edilizia e migliorare la qualita' del patrimonio edilizio
residenziale)  e'  comunque  recessiva  rispetto  alla  certezza  del
diritto. 
    E cio' in quanto la disposizione  oggetto  di  impugnazione,  per
quanto a carattere prevalentemente di favore rispetto agli  interessi
dei singoli destinatari  (la  norma,  come  si  e'  detto,  legittima
l'intervento edilizio a seguito della demolizione «anche con  diversa
sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse  dislocazioni  del
volume massimo  consentito  all'interno  dell'area  di  pertinenza»),
retroagendo  nel  tempo,  sacrifica  le   posizioni   soggettive   di
potenziali   controinteressati   che   facevano   affidamento   sulla
stabilita' dell'assetto normativa vigente all'epoca delle  rispettive
condotte. 
    La norma in questione, pertanto, travalica i  limiti  individuati
dalla richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale,  violando
l'art. 3 della Costituzione. 
    Codesta Ecc.ma Corte  ha  avuto  modo  di  pronunciarsi  in  piu'
occasioni sulla tenuta  costituzionale  di  disposizioni  legislative
regionali in materia edilizia di contenuto simile  a  quella  oggetto
dell'odierna impugnazione. 
    Particolare   interesse   riveste,   sul   punto,   il   percorso
motivazionale della sentenza n. 209/2010, nella quale, nel dichiarare
nel dichiarare l'incostituzionalita' di una legge di  interpretazione
autentica - provinciale urbanistica della Provincia  di  Bolzano,  e'
stato evidenziato che, l'irragionevolezza risiede  nella  circostanza
che  il  legislatore  e'  intervenuto  per  rendere  retroattivamente
legittimo cio'  che  era  illegittimo,  senza  che  fosse  necessario
risolvere oscillazioni giurisprudenziali e senza che il  testo  delle
norme «interpretate» offrisse  alcun  appiglio  semantico  nel  senso
delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non solo si e' leso
l'affidamento  dei  consociati  nella  stabilita'  della   disciplina
giuridica  della  fattispecie,  che  viene  sconvolta   dall'ingresso
inopinato e immotivato di norme retroattive  che  alternano  rapporti
pregressi, ma si rende inutile e privo di effettivita' il diritto  de
cittadini di adire i giudici per ottenere  la  tutela  delle  proprie
situazioni giuridiche soggettive». 
    Il medesimo percorso argomentativo e' stato ribadito, poi,  nella
successiva sentenza n. 73 del 2017 (gia' sopra richiamata) di codesta
Ecc.ma  Corte,  chiamata  in  quell'occasione  a   pronunciarsi,   in
fattispecie analoga, sulla tenuta costituzionale dell'art.  44  della
legge  della  Regione  Basilicata  4  marzo  2016,  n.   5   (recante
interpretazione autentica dell'art. 3  L.R.  7  agosto  2009,  n.  25
«Misure urgenti e straordinarie volte  al  rilancio  dell'economia  e
alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente»),  ai  sensi
del quale: «L'art. 3, comma 1 della legge regionale 7 agosto 2009, n.
25, come modificato dall'art. 4  della  legge  regionale  3  dicembre
2012, n. 25, nella  parte  in  cui  prevede  che  «A  tal  fine  sono
consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione  di
edifici  esistenti,  autorizzati  o  condonati,  con  aumento   della
superficie complessiva entro il limite max del 30%», va  interpretato
con continuita' temporale nel senso che, «tra gli  edifici  esistenti
sono  ricompresi  anche  gli  edifici   residenziali   in   fase   di
realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di  validita'».
Ebbene, svolte le necessarie premesse di carattere generale circa  la
tenuta costituzionale di una norma  di  interpretazione  autentica  a
carattere retroattivo,  e'  stata  affermata  l'illegittimita'  della
disposizione regionale, tenuto conto dell'insussistenza  -  anche  in
quel caso - di adeguate giustificazioni in  punto  di  ragionevolezza
della disposizione in esame,  destinata  «per  lo  piu'  ad  ampliare
facolta' in deroga ai relativi strumenti  urbanistici,  peraltro  non
necessariamente in  termini  di  logica  continuita'  con  il  quadro
generali di  riferimento  sul  quale  le  stesse  sono  destinate  ad
incidere». 
    2.   A   cio'   si   aggiunga,   quale   ulteriore   profilo   di
incostituzionalita' della disposizione  in  commento,  che  a  motivo
delle rilevanti modifiche via via apportate alla legge  regionale  n.
14 del 2009 (le modifiche all'art. 4 di  tale  legge  regionale  sono
state introdotte anche a mezzo dell'art. 3 della legge  regionale  n.
59 del 2018 e, ancora, da ultimo,  mediante  l'art.  35  della  legge
regionale n. 67 del 2018), le amministrazioni comunali potrebbero  in
realta' non trovarsi nelle condizioni di verificare caso per  caso  e
distinguere cio' che e' stato realizzato (o proseguito, o completato)
nei  periodi  intercorrenti  tra  le  modifiche  medesime.  Cio',  in
contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento,  di  cui
agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    In  proposito  appare  opportuno  rammentare  che  nella   citata
sentenza n. 73 del 2017,  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  avuto  modo  di
affermare  che  «Anche  a  voler  ritenere  che,  nella  specie,   le
disposizioni  impugnate  possano  trovare  una  loro  giustificazione
nell'esigenza della Regione di assicurare  una  maggiore  omogeneita'
alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle  modifiche
intervenute nel tempo, siffatta finalita'  deve  ritenersi  recessiva
rispetto al valore della certezza del  diritto,  nel  caso  messo  in
discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto  alla  quale
assume una peculiare rilevanza  l'affidamento  che  la  collettivita'
ripone nella sicurezza giuridica (sentenza  n.  209  del  2010).  Del
resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme  impugnate
sui rapporti inteprivati, va osservato  che  le  stesse,  per  quanto
prevalentemente  di  favore  rispetto  agli  interessi  dei   singoli
destinatari,  retroagendo  nel  tempo  sacrificano,   in   linea   di
principio, le posizioni soggettive dei  potenziali  controinteressati
che facevano  affidamento  sulla  stabilita'  dell'assetto  normativo
vigente all'epoca delle singole condotte.». 
    3. L'art. 2 della legge della Regione Puglia n. 59/2018  risulta,
inoltre, adottato anche in violazione della  disciplina  di  «governo
del territorio» di competenza dello Stato. 
    Nello  specifico,  sussiste  il  contrasto  -   quali   parametri
interposti - con gli articoli  36  e  37  comma  4  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001, il quale richiede,  ai  fini
del rilascio del titolo abilitativo in  sanatoria,  la  c.d.  «doppia
conformita'», intesa come conformita' dell'intervento sia al  momento
della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda,
poiche' la portata derogatoria della legge regionale n. 14 del 2009 e
successive modifiche, diviene ora  applicabile  anche  ad  interventi
che,  invece,  eseguiti  medio-tempore,   avrebbero   dovuto   essere
realizzati in conformita' agli strumenti urbanistici. 
    In  altre  parole,  la  portata  retroattiva  della  disposizione
normativa oggetto di censura finirebbe per rendere legittimi ex  post
interventi che al momento della loro realizzazione non erano conformi
agli strumenti urbanistici all'epoca vigenti. 
    Com'e' noto,  invero,  l'atto  di  sanatoria  di  titoli  edilizi
abilitativi puo' essere assentito solo per vizi formali.  La  «doppia
conformita'» e' riconosciuta in via giurisprudenziale quale principio
fondamentale vincolante per la  legislazione  regionale  (cfr.  Corte
costituzionale n. 101/2013; Cons.  Stato,  IV,  n.  32/2013,  ove  si
precisa, tra l'altro che la disciplina  urbanistica  non  ha  effetto
retroattivo; Cons. Stato, V, n. 3220/2013;  Tribunale  amministrativo
regionale Umbria n. 590/2014), ed e' prevista sia per gli  interventi
realizzati in assenza di permesso di costruire, o in  difformita'  da
esso, ovvero in assenza di DIA alternativa o in difformita'  da  essa
(art. 36 del dPR n. 380/2001), sia per  quelli  eseguiti  in  assenza
della o in difformita' dalla SCIA  (art.  37,  comma  4  del  dPR  n.
380/2001). 
    La  disposizione  censurata  non  rispetta  la  citata  normativa
statale  laddove,  nel  prevede   l'efficacia   di   «interpretazione
autentica» dell'art. 4, comma 1, della legge  regionale  n.  14/2009,
subordina l'intervento edilizio «alle condizioni di cui  all'art.  5,
comma 3, della medesima legge regionale n. 14/2009». L'art.  5  della
legge Regione Puglia n. 14/2009, a sua volta, prevede che «tutti  gli
interventi previsti dagli articoli 3 e 4 sono  realizzabili  mediante
permesso di costruire o mediante segnalazione certificata  di  inizio
attivita' in alternativa al permesso di costruire» (il riferimento e'
quindi al procedimento amministrativo di cui agli articoli  36  e  37
del dPR n. 380/2001). 
    In generale, alla luce delle nuove disposizioni interpretative di
cui alla legge in esame la tipologia di interventi previsti dall'art.
2 legge regionale n. 59/2018 viene legittimata mediante  l'estensione
della portata derogatoria delle previsioni della legge  regionale  n.
14/2009, con la possibilita' di  legittimo  rilascio  dei  prescritti
titoli abilitativi, nonostante la disciplina statale  degli  articoli
36 e 37 ora richiamata. 
    La disposizione censurata,  anche  ove  dovesse  essere  ritenuta
legittimamente retroattiva,  contrasterebbe  comunque  anche  con  il
disposto dell'art. 5 («Costruzioni  private»)  del  decreto-legge  n.
70/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  106/2011  (il
quale ai commi da 9 a 14 reca  la  disciplina  di  principio  per  la
razionalizzazione  del  patrimonio  edilizio  esistente  e   per   la
promozione e  agevolazione  della  riqualificazione  di  aree  urbane
degradate con presenza  di  funzioni  eterogenee  e  tessuti  edilizi
disorganici o  incompiuti  nonche'  di  edifici  a  destinazione  non
residenziale  dismessi  o   in   via   di   dismissione   ovvero   da
rilocalizzare), che al comma 10 esclude che gli interventi edilizi in
deroga possano «riferirsi  ad  edifici  abusivi  o  siti  nei  centri
storici o in aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione  degli
edifici per i  quali  sia  stato  rilasciato  il  titolo  abilitativo
edilizio in sanatoria.». 
    L'art. 2 della legge Regione Puglia n. 59 del 2018, dunque, oltre
a  violare  l'art.  3  della  Costituzione  laddove  introduce  norme
interpretative autentiche, travalica anche i  limiti  della  potesta'
legislativa regionale invadendo l'ambito assegnato dalla Costituzione
alla legge dello Stato in materia di «governo del territorio», di cui
all'art. 117, terzo comma. 
    Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata,  chiede  l'accoglimento
delle seguenti conclusioni.